Inquadratura

Cinema

Un’inquadratura sfuocata

Il ruolo dell’AI nel cinema che verrà

Tratto dalla rivista N.05

A cura di

Mattia Migliarino

Immagini di

Adele Pierini


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Nel mondo del cinema ogni pellicola rappresenta un’avventura avvincente, un viaggio attraverso mondi fantastici e storie coinvolgenti. Immaginate di sedere sulla famosa DeLorean di Ritorno al Futuro, pronti a solcare il tessuto temporale verso un mondo cinematografico incerto. Intrigante, vero? Come se fosse una delle avventure di Doc Brown e Marty McFly, il cinema del futuro sembra navigare un cammino più impetuoso che mai. Se intraprendessimo questo viaggio, con quale universo cinematografico ci troveremmo a confrontarci?

Rispondere a questa domanda è chiaramente un compito intricato, paragonabile all’evasione da un labirinto enigmatico come quello di Cnosso o di Shining. La scelta è vostra! Ci rimane a questo punto la consolazione di osservare il presente, cercando di decifrare le sue dinamiche attuali per lanciare uno sguardo verso il futuro.

Nel futuro in cui ci troviamo, l’intelligenza artificiale (AI) assume un ruolo da protagonista assoluto. Col suo avvento, il cinema si trova di fronte a una vera rivoluzione. Sceneggiature costruite dall’ingegno algoritmico, spettacoli visivi modellati da codici:l’AI anticipa i nostri desideri e dipinge mondi su misura per tutti. Le major cinematografiche  la utilizzano per mantenere la loro leadership incontrastata rispetto alle case indipendenti, creando un divario sempre più incolmabile. Se questo scenario vi sembra ancora distante, considerate che tutto ciò sta già avvenendo. Tra il 2016 e il 2018, una AI sviluppata dal ricercatore informatico Ross Goodwin chiamata Benjamin ha scritto le sceneggiature di tre cortometraggi – Sunspring, It’s no game, Zone out – dimostrando concretamente la capacità di creare racconti complessi con trame e personaggi originali. Tutto questo solleva ovviamente questioni sia dal punto di vista etico sia dal punto di vista del valore della creatività.

Secondo il famoso attore e regista Carlo Verdone: “Se si arrivasse al punto in cui l’intelligenza artificiale farà ritornare Carlo Verdone a quando aveva 38 anni per metterlo su un film, comprandone l’immagine, io non potrei mai accettarlo. L’intelligenza artificiale è la morte del cinema d’autore”. In questa intervista a Verdone durante il Giffoni Film Festival emergono due questioni fondamentali: innanzitutto la possibilità di ricostruire attori ringiovaniti o “resuscitati” grazie all’innovazione tecnologica, un punto problematico anche per quanto riguarda il concetto di privacy. E, in secondo luogo, la crescente preoccupazione per un pericoloso appiattimento culturale, con film che sembrano inclinarsi sempre più verso l’aspetto commerciale, trascurando l’essenza artistica che il cinema dovrebbe veicolare.

Per quanto riguarda il primo aspetto, vi consiglio di dare un’occhiata all’episodio dell’ultima stagione di Black Mirror intitolato Joan è Terribile (2023). Puntata in cui, grazie al microfono del telefono che registra ogni attività, una ragazza assiste alla riproduzione dettagliata della sua vita all’interno di una serie televisiva interpretata da Salma Hayek, con effetti inimmaginabili. Ma è forse la seconda questione a destare più preoccupazione. ù

Se le sceneggiature e i soggetti dei film fossero generati dall’intelligenza artificiale, mancherebbe quella componente fondamentale che da sempre ha liberato il cinema dall’essere un semplice intrattenimento per famiglie. L’arte cinematografica rischierebbe di subire un colpo difficile da superare, se si cedesse alla tentazione di affidare tutto alla tecnologia, senza tener conto della varietà di artisti e professionisti coinvolti nell’industria. Personalità che vanno oltre gli autori e includono costumisti, truccatori, compositori, dialoghisti, montatori e molti altri. Ruoli che potrebbero essere facilmente sostituiti da un semplice database analizzato da AI. Insomma, il sogno di coloro che prediligono il ritorno economico delle produzioni rispetto alla genuina creatività artistica.

Sebbene questa sia una visione di certo apocalittica per il futuro del cinema, è probabile che esista un’alternativa, rintracciabile nell’educazione delle future generazioni all’arte dell’immagine in movimento. Questa potrebbe rivelarsi un’alleata cruciale per impedire che tutto scivoli inarrestabilmente. Imbattersi nella magia delle pellicole, capire come ogni inquadratura, colonna sonora o effetto visivo sia il risultato della creatività umana, approfondire lo studio di registi e autori, analizzare film che narrano realtà umane e sociali, consapevoli che certe opere cinematografiche hanno un impatto così profondo da influenzare persino la legislazione del loro Stato d’origine.

Come è capitato al regista polacco Krzysztof Kieślowski che con il suo Breve film sull’uccidere nel 1988 ha sensibilizzato l’opinione pubblica al punto da far mettere in discussione la legge sulla pena di morte in Polonia. È questo il potere straordinario che il cinema può esercitare sulla società, andando al di là del semplice intrattenimento, diventando uno strumento di cambiamento e riflessione. I nostri amati film sono strumenti preziosi per sondare la realtà quotidiana, uno specchio riflettente che ci invita a osservare il presente con la speranza di un futuro più promettente. Opere che non solo ci permettono di scrutare la vita di tutti i giorni, ma si elevano diventando anche potenti strumenti di riflessione.

Gli stereotipi nazionali possono essere smontati. Oppure, come nel caso del film di Emma Dante Le sorelle Macaluso del 2020, le dinamiche all’interno delle famiglie possono essere esplorate in profondità. I film contemporanei affrontano con coraggio e sensibilità temi scottanti come i flussi migratori. Io, Capitano di Matteo Garrone (2023) offre l’opportunità di comprendere le esperienze di coloro che si muovono attraverso le frontiere del mondo, esplorando varie sfaccettature della società, e rappresentando la vitalità dei giovani.

La terra dell’abbastanza (2018) dei fratelli D’Innocenzo dà voce alle loro esperienze e alle loro prospettive non sempre rosee. I film contemporanei, di certo, giocano un ruolo cruciale nel ridefinire il ruolo della donna all’interno di complesse dinamiche sociali, contribuendo a sfidare e trasformare gli stereotipi di genere. Diciamocelo: il cinema contemporaneo ha la possibilità di essere un potente catalizzatore di consapevolezza, stimolando a esplorare la vita in tutte le sue sfaccettature, con la speranza di un futuro più inclusivo.

Concludendo, siamo di fronte al futuro con una mescolanza di entusiasmo e preoccupazione, consapevoli che il nostro destino è intrecciato con le trame degli schermi che si svelano davanti a noi. Sebbene l’intelligenza artificiale prometta nuovi mondi e nuove possibilità, ci troviamo a dover bilanciare l’innovazione con il rispetto per l’essenza stessa dell’arte cinematografica.

La sfida sta nel non perdere di vista il cuore pulsante del cinema, quello che va oltre le righe di codici e algoritmi:per non smarrire l’essenza dell’individuo, la cui mente e genialità non devono essere messe in discussione ma al contrario rimanere il fulcro della creazione di opere cinematografiche. Il cinema del futuro sarà plasmato dalle nostre scelte di oggi. Ed è anche attraverso l’educazione al cinema che possiamo sperare di preservare e tramandare la sua magia intrinseca, trasmettendo alle generazioni future un patrimonio culturale che vada oltre le frontiere temporali. In questo viaggio senza tempo, i film devono assolutamente continuare a connetterci, diventando una forza trainante per la trasformazione sociale, una luce guida nel buio della nostra evoluzione. Un eterno invito a riflettere, emozionarci e sognare.

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