Manifesto

Fine anni ’70, inizio anni ’80. Lo psicologo canadese Bruce K. Alexander avvia un esperimento su dei ratti per verificare le circostanze correlate allo sviluppo di tossicodipendenza. L’esito dello studio – pur non esente da critiche e successive revisioni – evidenzia come sia la particolare condizione sociale di partenza dei ratti esaminati a spingerli verso o a dissuaderli dall’utilizzo ripetuto di droghe. Tutti i ratti chiusi singolarmente in gabbia abusano delle droghe a loro disposizione sino a procurarsi la morte per overdose; invece, solo alcuni fra i ratti a cui viene lasciata la possibilità di creare una connessione, una rete, un “dialogo” reciproci, utilizzano gli stupefacenti. E in maniera del tutto sporadica.

La rivista RatPark nasce dall’idea dello spazio comunicativo mostrato dall’esperimento di Alexander. Socialità, connessione, rete e dialogo: queste le basi della nostra rivista, i cardini su cui la nostra porta virtuale poggia e vuole aprirsi al pubblico. È nella comunicazione infatti, nello scambio di idee e nel dibattito che fiorisce il piccolo miracolo della comunanza, dell’integrazione, della socialità, in un mondo che, come ratti ingabbiati, ci vede invece sempre più isolati nel nostro sterile individualismo.

Lo studio di Alexander evidenzia la possibilità di evadere dal circolo delle dipendenze, delle tossicità più genericamente intese, attraverso lo scambio con gli altri, ma ci lascia una domanda: è possibile offrire un modello, una narrazione e delle scelte sociali capaci di evitare o capire queste gabbie e questi isolamenti? RatPark vuole rispondere affermativamente a questo interrogativo, con le sue storie e le sue voci. Voci che vogliono farsi coro negli obiettivi: analisi, racconto, comprensione, cambiamento. RatPark vuole ricordarsi e ricordare, proprio in virtù dell’esperimento che gli presta il nome e della filosofia che anima la rivista, di quei ratti chiusi in gabbie, confinati ai margini di una società a volte sorda e altre cieca, per lo più incapace di combattere il fenomeno.

RatPark non vuole solo osservare e raccontare le storie e le idee che legano il tessuto sociale in maniera innovativa, creativa, seducente, provocatoria o semplicemente curiosa. RatPark vuole essere testimone e interprete – ma non giudice – delle contraddizioni e storpiature che danno forma e, allo stesso tempo, deformano la realtà, avvicinandola al sogno o all’incubo. Per restituirne, dove possibile, il senso e il significato e per ricostruirne, dove necessario, le origini.
Un interstizio di luce, una crepa sul muro, uno squarcio nella tela ma anche una scintilla nel buio, un astuto occhiolino, questo vuole essere RatPark: a partire dai nostri occhi e dalle nostre orecchie che, mentre masticano, sono masticati dalla stessa realtà che affannosamente cercano di interpretare, regolare, sperimentare.

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