Sanremo

Politica e società

Sanremo: l’onda digitale che ha trasformato il Festival

Come la kermesse della canzone italiana è diventata un fenomeno transmediale, rappresentando un incontro tra tradizione e innovazione

A cura di

Camilla De Foglio

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Festival di Sanremo


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Il Festival di Sanremo non è più limitato a cinque giorni di diretta su Rai 1, è diventato un fenomeno mediatico che si estende ben oltre i confini temporali dell’evento stesso. Le discussioni cominciano mesi prima dell’inizio e continuano fino a quando non ci sono più meme da condividere.

Negli ultimi anni, con Amadeus come presentatore e direttore artistico, la trasmissione ha assunto un orientamento significativamente differente: il celebre presentatore, ha saputo trasformare il Festival della Canzone Italiana in un autentico fenomeno mediatico, catturando l’attenzione di un vasto pubblico televisivo per cinque sere consecutive e oltre.

Il fenomeno mediatico nato dal rebranding

Il Festival è stato protagonista di un vero e proprio rebranding, ovvero un mutamento strategico dell’identità per come lo abbiamo sempre visto nel pensiero comune. Sono state svolte delle vere e proprie strategie di comunicazione per rinfrescarne l’immagine, per cambiare il suo posizionamento sul mercato, e anche per dare un differente valore percepito.

Parlano infatti i dati e lo share che quest’anno, nella 74° edizione, ha toccato picchi altissimi. Nella serata cover di venerdì 9 Febbraio 2024 si è arrivati al 67,8% di share, il miglior risultato mai avuto dal 1987. La finale ha raggiunto il 74,1%.

Sanremo è dal 1951 uno degli eventi più iconici della cultura popolare italiana, capace di attirare l’attenzione di milioni di spettatori davanti alla televisione, in un modo simile alle partite della Nazionale. Nato come una competizione canora trasmessa via radio, il Festival è diventato nel corso degli anni un fenomeno mediatico complesso, capace di coinvolgere le masse attraverso una vasta gamma di media.

Il medium è il messaggio

È affascinante esaminare questo argomento da una prospettiva sociologica, come farebbe Marshall McLuhan, il quale ha approfondito il modo in cui la comunicazione plasma le culture e i relativi immaginari collettivi.  “Il medium è il messaggio”, frase iconica di  McLuhan tratta dal suo testo del 1964 Gli strumenti per comunicare.

Ciò che è di grande rilievo, infatti, non è tanto il contenuto in sé, poiché credo che siamo tutti d’accordo nel pensare che Sanremo, a parte per le canzoni (e neanche tutte), sia un contenuto televisivo caratterizzato da esibizioni poco convincenti e momenti che non contribuiscono al suo prestigio, ma le modalità attraverso le quali i media si attivano per organizzare la comunicazione degli stessi eventi Messi in onda.

Grazie a questo fenomeno di convergenza emerge la possibilità di creare racconti multipli all’interno dello stesso mondo narrativo. Questa nuova forma di racconto si sviluppa nella libertà di espressione: ci sono sempre meno vincoli, ognuno è libero di dire ciò che vuole rispetto a quanto avveniva con i media tradizionali. L’argomento ci porterebbe fuori tema, ma nonostante la rete che trasmette il Festival abbia delle posizioni chiare e nette (in linea con il governo in carica), Sanremo lascia ai concorrenti la libertà di fare musica ed esprimere la propria opinione, anche quando è fonte di polemica.

Il nuovo spettacolo interattivo

Sanremo passa da evento mediatico dove il pubblico fruisce passivamente, a una collettività più che attiva grazie al potere di internet e dei social network, dove gli utenti non seguono solo le vicende e le commentano, ma influenzano in modo decisivo lo svolgimento proprio grazie a queste interazioni.

Se ci pensate bene, tramite i social interagiamo con la nostra rete per dire la nostra. La realtà online ci permette di personalizzare il nostro apprendimento su un programma, su un fenomeno. Abbiamo la grande possibilità di guardarlo, commentarlo, creare meme da postare sui social e interagire con la nostra rete.

Sanremo è ormai un vero e proprio evento trasversale, transmediale e transgenerazionale. Bisogna semplicemente riuscire ad andare oltre l’idea che il suo pubblico sia una massa indistinta e facilmente manipolabile.

Ci dimentichiamo spesso che fare musica, e fare comunicazione, in senso più ampio implica di tenere conto di community esigenti ed eterogenee che emergono anche offline, così da riuscire a insediarsi nei mezzi di comunicazione più tradizionali. Tutto questo mosso dal grande bisogno umano spesso dimenticato: il piacere di stare insieme, di divertirsi. Online e offline.

Sanremo e gamification

Se si parla di divertimento in associazione a Sanremo non si può non parlare del fattore gamification. Termine coniato per parlare del ricorso a elementi ludici per incentivare l’engagement nei confronti di un brand o un prodotto definito.

Il Fantasanremo nasce nel 2019 dall’idea di un gruppo di ragazzi marchigiani. Oggi in grado di coinvolgere chiunque. Il suo funzionamento è molto semplice, simile al celebre Fantacalcio: ogni partecipante ha a disposizione monete virtuali (chiamate Baudi) per acquistare e creare la propria formazione di cantanti. Di conseguenza al loro comportamento sul palco acquistano o perdono punti.

Il Fantasanremo tramite meccanismi di punteggi e sfida, trasforma il Festival in un’esperienza ludica e di creatività individuale, quasi da farci sentire parte di quello che accade sul palco.

Uno spettacolo multicanale e diffuso

Non solo davanti il piccolo schermo. I dati di quest’ultimo Festival confermano la tendenza che Sanremo non è più lo show da guardare seduti sul divano davanti alla televisione. Come confermato dalla conferenza stampa del 7 febbraio sulla prima serata, circa 25.2 milioni di utenti hanno guardato il Festival su RaiPlay, il 50% in più rispetto allo scorso anno. Ma c’è anche da considerare i cosiddetti “Small Screen”, o chi ha visto on demand le singole esibizioni. Come riporta Inside Marketing, la media degli spettatori per quanto riguarda la prima serata è di circa 10 milioni e 900 mila, circa il 76% sul live e il 51% on demand.

Ciò dimostra come il Festival possa essere uno spettacolo multicanale, un evento “diffuso”; tutto questo grazie alla possibilità di fruire della televisione in modo non lineare.

Infine, ma non di minore importanza, è da considerare la questione del Second Screen, termine coniato dagli studiosi dei media che indica il fenomeno secondo cui, durante la messa in scena di un programma, il pubblico non solo guarda la trasmissione, ma partecipa attivamente sui social, attraverso opinioni, commenti, pubblicazioni di meme.

Parliamo di una vera e propria nuova modalità di fruizione dei contenuti televisivi, la creazione di un’esperienza sinergica dove tutto ciò che accade online, tutte le conversazioni che si creano, si intrecciano alla musica e allo spettacolo creando una comunità di spettatori virtuale di ogni genere, età; una platea di pubblico vasta e inclusiva. Una collettività pronta a condividere momenti fatti di divertimenti e dibattiti.

Anche quest’anno, come ogni anno, l’Italia è stata monopolizzata di ciò che è accaduto all’interno dell’Ariston. Spaccata a metà tra chi dice di non averlo mai visto e valutandolo in maniera negativa, pur sapendo poi tutte le canzoni a memoria; e chi non si perde neanche un minuto.

Netflix si arrende a Sanremo

Questa monopolizzazione è evidente da ogni angolazione. È interessante notare come persino le piattaforme di streaming come Netflix e Spotify, abbiano ceduto il passo, riconoscendo l’importanza e la superiorità del Festival. Netflix ha scritto nel suo spot: “Sappiamo che questa settimana guarderete altro. Ci rivediamo la prossima”, accompagnato dalla melodia Ritornerai di Bruno Lauzi.

Con un’ottica differente, Spotify ha creato due spot distinti in cui i protagonisti, distratti dall’ascolto dei brani di Sanremo, finiscono per combinare pasticci, il tutto accompagnato dal claim finale “Ascolta la playlist di Sanremo. Responsabilmente”.

Con un approccio autoironico e creativo, anche i giganti della concorrenza nello streaming riconoscono e apprezzano il grande fascino intramontabile di questo storico evento televisivo e musicale. Cinque giorni in cui tutto il resto passa in secondo piano.

Indipendentemente da chi lo segua o no, una cosa è certa: il Festival della Canzone Italiana è diventato una realtà che fonde tradizione e innovazione sotto i grandi riflettori del mondo social. Un vero e proprio fenomeno socio-comunicativo in continua evoluzione, dinamico, che dà vita a polemiche, punti di incontro, fidelizzazioni. Un fenomeno pronto a coinvolgere ognuno di noi e a dominare i multischermi. 

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