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Politica e società

Porno: ripartiamo da zero

Come la pornografia ci cambia e come cambiamo noi

Articolo estratto dalla rivista N°00

A cura di

Caterina Biondi

Immagini di

Molly


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La prima volta che ho guardato un porno avevo 13 anni. Ero a dormire a casa di un’amica e per scherzo e curiosità siamo saltate agli ultimi canali della vecchia TV analogica. Quella in cui i canali erano pochi e dopo mezzanotte potevi vedere contenuti erotici sui ‘canali hot’. Mi ricordo che il film in onda aveva qualche trama ridicola e gli attori erano scadenti. In modo abbastanza casuale i protagonisti si trovavano ogni tanto a fare sesso e noi commentavamo e ridevamo del nonsense.

Ancora, al tempo, non sapevo cosa fosse l’eccitazione sessuale, la provavo in qualche misura – ne sono certa – ma era ancora in quella fase indistinguibile di emozioni adolescenziali a cui fai fatica a dare un nome. Devo inoltre ammettere che quei sentimenti erotici sono riuscita a definirli soltanto molto dopo, e hanno acquisito un’identità ancora più tardi. E questo, ancora non lo sapevo, ma partiva proprio lì, quella notte, dalla mia relazione con il porno. 

Quando si parla di contenuto pornografico si intendono immagini, gif, storie e fumetti che rappresentano una o più persone nude in atteggiamento erotico esplicito – da distinguere rispetto a contenuti erotici meno espliciti definiti come soft-core. Per molti questo tipo di contenuto è il primo approccio al sesso, l’unico modo – ormai ampiamente accessibile – per scoprire il proprio corpo, il corpo dell’altro ed esplorare le potenzialità del sesso e dell’erotica. Per questo, penso sia utile indagare come il porno influisca sulla nostra idea di sesso e, di conseguenza, sui nostri comportamenti, sulle nostre preferenze e sulla nostra identità sessuale.

La cosa più interessante – e potenzialmente dannosa – è come l’industria del porno mainstream monopolizzi la discussione intorno al sesso, livellandone le sfumature, creando una norma finta e patinata, un prodotto standard che dovrebbe andare bene per tutti. Come afferma il filosofo e attivista Paul B. Preciado, specializzato in pratiche e teoriche riguardo a identità, genere, sessualità, architettura e pornografia: 

La pornografia è una potente tecnologia di produzione di genere e sessualità. Per dirla rapidamente: la pornografia dominante sta all’eterosessualità come la pubblicità sta alla cultura del consumo di massa: un linguaggio che crea e normalizza modelli di mascolinità e femminilità, generando scenari utopici scritti per soddisfare l’occhio eterosessuale maschile. Questo è sicuramente il compito della pornografia dominante: fabbricare soggetti sessuali docili… facendoci credere che il piacere sessuale ‘sia quello’.

Quindi, vediamo che non solo nel sesso, ma in molti altri aspetti della vita, i media influenzano la nostra visione del mondo. Però, se in altri campi (attraverso pubblicità, cinema, televisione) le rappresentazioni sono sfaccettate e possono essere analizzate anche nella “vita reale” e discusse apertamente, il sesso rimane ancora un tabù – soprattutto in giovane età. Il monopolio e il controllo della produzione pornografica, la sua standardizzazione diventano quindi totalizzanti. 

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Male Gaze: il problema della rappresentazione unidirezionale 

Per capire il porno è importante conoscere il concetto di Male Gaze, definito per la prima volta da Laura Mulvey, professoressa di film e media studies all’Università di Londra, nel suo saggio del 1973 Visual Pleasure and Narrative Cinema. Mulvey parla di male gaze riferendosi alla lente attraverso cui la donna viene rappresentata nel cinema e in altri media. Una lente che parte dal punto di vista dell’uomo etero e confina la donna a essere rappresentata come mero oggetto passivo, figura di contorno – spesso ipersessualizzata – all’attività dell’uomo, invece attivo e in azione.

Ancora più interessante è vedere come il Male Gaze sia diventato nel tempo lo standard di rappresentazione sia di donne che di uomini nella produzione mediatica: sfuggendo al controllo e alla percezione di entrambi i sessi, si è di fatto imposto come esempio irraggiungibile e tossico. Dall’articolo della scrittrice Sarah Vanbuskirk What Is the Male Gaze? vediamo come le donne, sottoposte a immagini oggettificate, finiscono per auto-oggettificarsi e usano quella lente per costruire la propria identità e definirsi nell’interazione con gli altri nel mondo reale. Ma anche gli uomini, attraverso questi contenuti, vengono educati a ciò che viene posto come la norma di essere uomo, plasmando su quella norma la propria identità fisica e psicologica. Per questo motivo, quando si parla di Male Gaze, si identifica un modo di rappresentare i due generi estremamente polarizzato.

Vediamo, anzitutto, due generi ben distinti e opposti: il femminile caratterizzato da inattività, mero oggetto ‘da guardare’, con una telecamera che spesso si va a soffermare sul corpo; il maschile caratterizzato invece dall’azione, spesso l’eroe o protagonista della storia. Quest’ultimo, quando sessualizzato, ha caratteristiche positive e stereotipate come coraggio, forza, potere e, quindi, la posizione stessa di personaggio attivo. È così possibile notare come, in questa rappresentazione stereotipata, venga riproposta, dal punto di vista visivo simbolico, oltre che contenutistico, un’idea di genere binaria ed eteronormativa. Idea che fin da bambini ci socializza con un preconcetto ben definito di cosa dovrebbe essere donna e cosa uomo. 

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Perché non trovo il porno per me?

Penso di aver cominciato a cercare attivamente porno quando ho iniziato a masturbarmi, probabilmente in adolescenza, in un’età compresa tra i dodici e i quattordici anni. Secondo uno studio svedese del 2016, questa è l’età in cui comunemente i ragazzi cominciano a masturbarsi. Mi ricordo, ai tempi, di aver provato a guardare porno, esplorando con un misto di curiosità, eccitazione e disagio le varie categorie offerte dai principali siti di erotica esplicita. Rammento il disgusto e la confusione, sentimenti che tuttora provo guardando molti porno ‘convenzionali’. Cercando di comprendere questo turbamento, mi rendo conto che diverse componenti entrano in gioco.

In primis, l’esplorazione del nuovo, percepito come proibito e sbagliato, e il conseguente impatto di tante informazioni inedite riguardo a qualcosa che non potevo ancora comprendere del tutto. A questo, si aggiungeva il fatto che niente di quello che vedevo mi piaceva, tutto sembrava troppo forte, violento. Provavo vergogna e repulsione nel vedere donne svilite davanti alla telecamera, facce sfigurate e caricaturali fare cose che non conoscevo né avevo mai sperimentato. Ma, soprattutto, mi rendo conto che la mia confusione davanti al porno era causata da immagini che non erano per me. Quelle scene non mi eccitavano perché la donna era al centro della ripresa e ciò che guardavo era guidato dallo sguardo dell’uomo. La donna sessualizzata era costruita attraverso la lente di ciò che gli uomini cercano – o dovrebbero cercare – nel contenuto erotico. 

I sentimenti che ho provato – e in parte ancora provo – guardando il porno, sono qualcosa che ho processato negli anni e su cui nel tempo ho potuto riflettere, cominciando a costruire la mia identità, sessualità e il mio essere donna. Ancora mi rendo conto di quanto questo processo sia fatto di imparare e disapprendere, montare e smontare norme sociali imposte dai media – tra cui il porno stesso. Cosa è il sesso? Cosa dovrebbe piacermi? Cosa dovrebbe piacere al mio partner? Solo ora, infatti, posso riconoscere e analizzare la mia prima esposizione al contenuto erotico, avvenuta in un momento in cui non avevo gli strumenti per decostruire quello che vedevo; in cui non esistevano potenziali interlocutori a cui rivolgere le mie domande, che potessero aiutarmi a riflettere e comprenderlo. 

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Quando il porno è la nostra educazione sessuale

L’Italia resta uno dei pochi paesi dell’Unione Europea (insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania) in cui non esiste un piano ministeriale per l’educazione sessuale. Questa è, quindi, gestita autonomamente dalle scuole, che in alcuni casi si affidano a iniziative regionali come W l’amore in Emilia-Romagna (che lentamente sta cercando di estendersi ad altre regioni), associazioni esterne e progetti come Virgin & Martyr, associazione culturale no profit per “educazione sessuale, socio-emotiva e digitale”,  e Making Love, progetto multimediale creato da un gruppo di ragazzi.

Queste iniziative non coincidono però con il programma scolastico e spesso non possono seguire un percorso continuativo e approfondito. Inoltre, lasciare questo tipo di  responsabilità alle scuole crea forti disparità dovute alla differenza di fondi di cui ciascuna gode, alla libertà più o meno ampia degli studenti di creare e scegliere percorsi formativi che guardino in questa direzione. E, ancora, minata dai valori morali di presidi, professori e genitori degli alunni e delle alunne. Di conseguenza, studenti italiani completano il percorso scolastico e, anzi, fatto più grave, la scuola dell’obbligo senza mai aver partecipato a iniziative di educazione sessuale. 

Come riportato da Mariavittoria Salucci, scrittrice che affonta temi riguardanti corpo, sessualità e pornografia, su NSS G-Club, la proposta di legge più recente riguardo al tema è stata presentata da Stefania Ascari, parlamentare nella Commissione Giustizia e Antimafia, il 7 maggio 2021. Questa prevede un percorso di educazione affettiva e sessuale nel primo e secondo ciclo di istruzione, con proseguimento durante il percorso universitario. Quindi, a partire dalle elementari sarebbe prevista la formazione dei ‘docenti all’insegnamento trasversale, in collaborazione con le famiglie e con il supporto tecnico di psicologi, psicoterapeuti e sessuologi esperti’.

L’assenza di un’educazione sessuale istituzionale e unitaria, lascia la responsabilità prima alle famiglie e poi ai singoli individui di cercare risposte a quesiti sul proprio corpo, sulla propria identità sessuale e sul sesso, sin dalla giovane età. Qual è il rischio? Che le tematiche non vengano mai effettivamente affrontate e che le risposte, ricercate in solitudine su libri o, più spesso, online, contengano informazioni sbagliate o distorte. Il porno diventa, quindi, una delle principali fonti da cui i giovani imparano cosa sia il sesso, l’unica che porti con sé la rappresentazione esplicita dell’atto sessuale, prima che questo avvenga nella vita reale del singolo.

Come affermato dal Professore e ricercatore di sessualità, genere e violenza interpersonale Michael Flood su The Conversation, imparare cos’è il sesso dai porno implica assorbire ‘script’ sul sesso che numerosi studi ritengono dannosi per la propria percezione del sé e per le proprie relazioni affettive e sessuali. Risultati scioccanti legano l’esposizione al porno in giovane età a un abbassamento della soddisfazione sessuale negli uomini, mentre nelle donne si è osservata una maggiore tendenza all’auto-oggettificazione e un incremento del body shame. E, ancora, si ricollegano al porno atteggiamenti sessisti da parte di entrambi i sessi e attitudini sessuali violente da parte degli uomini. Questo è probabilmente dato dal fatto che – come mostra uno studio americano dei porno più visti e scaricati – l’88% delle scene mostrate siano di aggressione.

Gli script a cui il porno ci abitua portano gli uomini ad attuare e desiderare pratiche dominanti e degradanti, come choking (strangolamento erotico), deepthroat (penetrazione profonda durante la fellatio) e gagging (usare sex toys per ‘imbavagliare’ il partner). Mentre nelle donne corrisponde a una tendenza a pratiche di sottomissione. Tutto questo si ricollega al Male Gaze, che posiziona la donna nel porno come attore passivo, inerte ricevitrice dell’atto sessuale e, anche dove non c’è violenza né degradazione, come concentrata sulla soddisfazione dell’uomo. Non stupisce quindi che, confrontandomi con amiche, spesso scopra di essermi trovata in circostanze simili in adolescenza. Molte ragazze, nelle prime esperienze, non percepiscono il sesso come un momento di ricerca di piacere condivisa, ma come qualcosa di incentrato sul piacere maschile, privandosi quindi della scoperta e della comprensione di quello che era – o sarebbe dovuto essere – il loro proprio piacere.

Acquisire un’identità sessuale e affettiva

L’esperta di salute sessuale Mariella Frostrup parla del porno come di qualcosa che ‘in extremis’ rischia di ‘rendere letterale ciò che dovrebbe rimanere fantasia’. Traduce quindi fantasie che tutti abbiamo – strane, soft, hardcore o violente e proibite che siano – in atti reali, rendendole disponibili allo sguardo di tutti, senza però fornire gli strumenti per capire e indagare le proprie, soprattutto a chi non ha ancora raggiunto la maturità necessaria a scoprirle.

Dopo aver passato anni crescendo per tentativi ed errori, come un po’ tutti facciamo, anche la mia identità sessuale è mutata. Sono sicura che molti possono empatizzare con il mio percorso, ma anche che possa suonare diverso ad altri. Per me il dialogo con chi mi sta attorno, la lettura di libri, articoli online e perché no, anche pagine social, mi ha lentamente guidata in un percorso di messa in discussione e ricerca che sono sicura non sia ancora finito. Certamente, anche trovare partner con cui avere un dialogo aperto sia dal punto di vista affettivo che sessuale è stato uno dei punti fondamentali di questo percorso. 

Proprio il punto in cui sono arrivata mi ha permesso di notare una cosa: ancora di porno per me ce n’è ben poco. 

Recentemente e per vari motivi, Reddit è diventato il canale in cui mi sono ritrovata a cercare contenuti erotici. Reddit è una piattaforma social di contenuti news e intrattenimento formato forum, in cui è possibile creare subreddit, ‘community’ divise per argomento in cui gli utenti si scambiano opinioni, consigli ed idee. Il motivo principale per cui sono passata a cercare porno su questa piattaforma – i cui contenuti erotici convivono con altri tipi di contenuti totalmente diversi – è il fatto che la maggior parte di questi non provengono da piattaforme porno mainstream, ma sono girati amatorialmente. Ma anche perché in alcuni subreddit vengono pubblicati contenuti per un’ audience femminile o per chiunque sia alla ricerca di porno alternativo, basato quindi su un’idea di erotica che si sottragga alla visione degradante, plastificata e uomo-centrica del porno tradizionale. 

Leggendo le risposte al post ‘Redditors who watch porn on reddit why?’, pubblicato sulla piattaforma, sono riuscita a farmi un’idea delle principali ragioni per cui le persone hanno deciso di consumare porno su questo nuovo medium. Una delle risposte più comuni è che Reddit si profila come una piattaforma in cui il porno è prodotto in modo indipendente, da comunità ristrette che possono raggrupparsi in interessi specifici dei più disparati. Su Reddit c’è qualcosa per tutti e persone di qualunque identità di genere e inclinazione sessuale possono trovare la propria nicchia, creata solitamente da persone comuni. 

Aggirando il sistema

Ma quindi come si masturbano le donne? O meglio, come stimolano le proprie fantasie sessuali?

La risposta che mi sento di dare quasi con certezza è: con fantasia. Quello che ho fatto io nel corso della mia vita, insoddisfatta da ciò che l’industria porno mainstream mi offriva e, in generale, curiosa di ampliare i miei orizzonti, è stato cercare e cambiare continuamente fonte di idee e fantasie, spesso ricorrendo anche alla semplice immaginazione. È l’immaginazione infatti, senza nessun altro tipo di immagine o dispositivo, ad essere la più nominata quando parlo di questo argomento con le mie amiche. Invece, cercando su Reddit conversazioni sull’argomento, ho scoperto anche la popolarità di storie e audio erotici e, cavalcando l’onda di questo nuovo trend, sono nate anche app audio-based come DipSea e Ferly, rivolte al pubblico femminile. 

Ancora, nei subreddit si fa spazio a vari generi di pubblico: c’è chi guarda threesome MFM (due uomini che si concentrano sul piacere sessuale della donna) e c’è chi è fan della doppia penetrazione, ma solo ‘sensuale’ (opposto a violenta o con ‘non consenso consensuale’) perché ha scoperto che quello che amava di questa pratica era che vi fossero rappresentati anche baci e la donna venisse venerata.

Altre donne parlano invece di ‘face riding’, una pratica sessuale in cui la donna si siede sulla faccia dell’uomo per farsi praticare cunilingus o, ancora, video dove uomini si masturbano o vocalizzano il proprio piacere, cosa che spesso nel porno tradizionale è limitata alla donna. Alcune delle risposte più ricorrenti tornano a parlare del desiderio di porno più realistico: molte donne affermano infatti di apprezzare scene erotiche dove ci sono orgasmi veri, dove le donne hanno l’aria di apprezzare il sesso e dove magari mostrino anche preliminari più soft, come ad esempio i massaggi.

Ancora più inaspettato è il successo tra donne etero di porno omosessuali, sia maschili che femminili, che viene fuori da molti commenti che ho trovato in rete ma anche da una ricerca di Pornhub del 2015 e dalla ricerca Escaping Gender Anxiety: Why Women Love Gay Male Porn di Ashley Cunningham, relatrice di TedxEmersonCollege.

A che punto siamo con il porno?

Risulta chiaro quindi che, chi ricerca contenuti erotici online, con il tempo si svincola dalle categorie prestabilite del porno commerciale e ripiega su contenuti indipendenti, di nicchia o inizialmente pensati per altri target. Il perché si riassume bene nelle parole di Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista:

Quello che rimane dunque escluso dal porno commerciale è proprio la realtà. Nella realtà nessuno può sapere cosa piace al corpo che ha davanti, perché nessuno sa cosa potrebbe piacere al proprio; il sesso si fa (almeno) in due e, ogni volta che cambia uno dei protagonisti, c’è da esplorare nuove possibilità, nuovi piaceri diversi perché i corpi in gioco sono diversi.

Nuovi esempi però si sono sviluppati lentamente negli ultimi anni e si possono riassumere in diverse correnti di porno alternativo: il porno etico, categoria ombrello che comprende qualunque porno prodotto indipendentemente e che si impegna a rispettare un codice etico; il porno femminista e il Post-porno, sottocategorie del primo citato che andrò ad analizzare di seguito.

Il porno etico nasce dall’esigenza di rendere l’industria del porno più sana, sia dal punto di vista dei lavoratori, sia dal punto di vista del contenuto. Quindi, contrariamente a quello che succede nel porno mainstream, in questo tipo di produzione gli attori – esclusivamente maggiorenni – vengono pagati adeguatamente, i contratti sono trasparenti e basati sul consenso e non vengono fatte pressioni di nessun tipo. Inoltre, gli attori non sono trattati alla stregua di meri oggetti, bensì il luogo e i datori di lavoro incoraggiano la ricerca sessuale e l’affinità tra attori. Invece, per quanto riguarda il contenuto, il porno etico privilegia il punto di vista femminile, opponendosi al classico Male Gaze e mettendo in rilievo tematiche importanti, come la consensualità, la tutela della salute e la diversità. 

Il principale genere che la pornografia etica porta avanti è il Porno Femminista, cominciato a diffondersi negli USA e in Europa negli anni ‘80. I principi del porno femminista sono riassunti dal Feminist Porn Award, istituito da Chantelle Gallant nel 2007:

1. Donne e/o persone marginalizzate hanno partecipato alla direzione, produzione o concepimento dell’opera

2. Piacere genuino, libertà di azione e desiderio è stato garantito a tutti gli attori, specialmente alle donne e alle persone tradizionalmente marginalizzate.

3. Espande i confini della rappresentazione sessuale nei film, sfidando gli stereotipi e presentando una visione che lo contraddistingue dal contenuto della maggior parte del porno mainstream. Questo include la rappresentazione dei desideri, tipi di persone, corpi, pratiche sessuali e/o una struttura anti razzista o anti oppressione nel corso della produzione. 

Il più famoso caso di regista di porno femminista è Erika Lust, di cui possiamo prendere ora in considerazione, tra i vari che ha sviluppato nella sua carriera, il progetto chiamato XConfessions. Qui crea e condivide corti pornografici, traducendo in film le fantasie mandatele dalle persone, a sottolineare quanto siano variegati, specifici e speciali le fantasie e l’erotismo di ognuno.

L’unicità dell’esperienza erotica è il fondamento del genere Post-porno, nato in America latina e Spagna, anch’esso etico ma senza l’intento commerciale. Il principio dell’esperienza personale si traduce qui in una reticenza alle definizioni. Valentine aka Fluida Wolf, traduttrice e attivista femminista pro-sex, lo afferma chiaramente nel suo libro Post Porno – corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali

Sono l* stess* protagonist* che scelgono di definire il loro attivismo postporno partendo da se stess*, narrandosi dall’interno, raccontando il proprio corpo e i propri desideri, sfuggendo qualsiasi etichetta e rivendicando l’essenza anticapitalista della postpornografia. 

Il Post-porno si distingue, quindi, dal porno femminista come il più radicale tra i generi, diventando una vera e propria dichiarazione politica, che si manifesta individualmente e collettivamente. Agli eventi Post-porno, con proiezioni cinematografiche, conferenze e workshop, l’erotica – spinta oltre ai limiti – diventa partecipazione e scoperta. 

La pornografia non è quindi pratica da condannare, ha anzi delle potenzialità di scoperta della propria identità e del proprio eros. Anche se sussiste il bisogno di un’educazione comprensiva sulla sessualità e l’affettività, al momento questo ruolo rimane quasi esclusivamente relegato al porno. È quindi non solo salutare ed etico, ma anche doveroso, cambiarne l’industria, al fine di creare un prodotto che, invece di rafforzare stereotipi e dinamiche tossiche, sia un punto di partenza. Il punto zero da cui avviare una conversazione su argomenti ancora tabù, come sesso e piacere, e che si faccia catalizzatore di un discorso su affettività, identità e rappresentazione. 

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