Cinema

Passages: uno sguardo sulla triangolazione nel cinema queer

Perché il film di Ira Sachs è stata una delle poche pellicole queer generaliste in grado di parlarne

A cura di

Sara Papini

Immagini di

Franz Rogowski (@ffffranz)


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“Fiercely sexy and piercingly sad, Ira Sachs’ new film is a huge return to form. The sophisticated Venn diagram of sexual expression he vaguely imagines is tested to destruction by the simple reality of human feelings.” (Peter Bradshaw, The Guardian, 2023)

Ebbene sì, oggi voglio parlarvi del recentissimo film Passages (2023) del regista queer Ira Sachs. La pellicola, appena andata in proiezione nelle sale italiane, è stata presentata in anteprima mondiale il 23 gennaio 2023 al Sundance Film Festival e successivamente proiettata alla 73esima edizione del Festival internazionale di Berlino.

La storia tratta delle vicende di Thomas (Franz Rogowski) regista sposato da ormai molti anni con il grafico Martin (Ben Whishaw) e di una “new entry” che si insinua all’interno della coppia per volere dello spensierato Thomas: Agathe, interpretata dalla amatissima Adèle Exarchopoulos.

Thomas rappresenta il reale protagonista del drama che, talentuosamente, Ira Sachs mette in scena. È con lui che cerchiamo o meglio “lottiamo” per empatizzare per tutta la durata della storia.

Una fotografia disarmante e un continuo gioco meta-cinematografico (aiutato grazie al lavoro da regista di Thomas e all’utilizzo delle tre lingue parlate) portano la pellicola ad un livello intimistico ed emotivo sin dalla prima inquadratura. Siamo a tutti gli effetti davanti a uno psico-drama. Nulla è lasciato al caso; le emozioni, gli egoismi e i capricci invadono tutto, anche il materiale, comprese le abitazioni, le strade cavalcate in bicicletta da Thomas e i bar talvolta angusti e spesso solitari attraversati dal trio.

Come ben sappiamo, però, dai tempi di Vito Russo (“Lo schermo velato”, 1981), è che su un film chiaramente queer cerca di arrivare al grande pubblico (quello generalista) deve in qualche modo denaturarsi.  Parliamo infatti di caratteristiche ben precise, che registə hanno adottato nel mondo occidentale nei decenni fino ad oggi per rendere una storia omosessuale fruibile al pubblico normato.

Alcuni esempi possono essere la censura dell’anale (Leo Bersani, Lorenzo Bernini, A.D. Miller); l’utilizzo degli stereotipi sugli/sulle omosessuali (Vito Russo, Sergio Rigoletto); la ricerca ossessiva di attorə bellissimə e chiaramente non queer e l’espediente narrativo della triangolazione.

triangolazione e cinema queer

In questa pellicola Ira di certo non utilizza l’antico gioco degli stereotipi e chiaramente si sbarazza della censura dell’anale, portando sul grande schermo scene di sesso senza censure e totalmente integre di specifico queer. Non per niente, moltissimi giornali (non queer) del settore cinematografico si sono soffermati su questo punto. In un’intervista rilasciata ad Ansa, alla domanda sulle scene di nudo e sesso esplicito, Ira Sachs, però, specifica come il suo non sia un “film a tema”. Anche qui, nuovamente, torna un’esigenza da parte del regista di doversi quasi scusare e chiarire al grande pubblico come il suo sia un film per tuttə, non a tema, non di nicchia, ma universale. Non la queerness, ma le emozioni che ne fuoriescono sono il centro della storia. Ad ogni modo, però, l’elemento più utilizzato qui per arrivare al grande pubblico è chiaramente la triangolazione.

La triangolazione amorosa, infatti, è stata la più utilizzata storicamente a livello filmico per “occultare i legami omoerotici” (S. Rigoletto, “Le Norme Traviate”, Meltemi, 2020). Grandi registə queer, del calibro di Ferzan Ozpetek o Guadagnino, ancora oggi utilizzano questo espediente per poter portare la queerness al grande pubblico.

Ma vediamo di cosa si tratta. 

Solitamente avviene in questo modo: ad una coppia omosessuale composta da due uomini viene accostata la figura di una donna, che si introduce nella relazione in un secondo momento. Secondo E. Sedgwick (“Between Men”, 1985), la figura femminile all’interno di questi triangoli è usata come tramite per evidenziare come i reali amanti siano i due uomini. La donna serve quindi da una parte ad evocare l’attrazione implicita della coppia omosessuale, ma dall’altra, sembrando l’oggetto ultimo del desiderio, rinnegherebbe la possibilità stessa di questa attrazione.

In un primo momento, infatti, Thomas sembrerebbe essere in crisi di fronte all’arrivo di Agathe. Non viene messo in dubbio neanche per un istante, però, l’ipotesi di potersi allontanare dal marito, anzi, Martin è chiamato qui all’ascolto ed è complice della situazione sin dal day one. La stessa Agathe porrà l’accento più volte su come sarà quasi impossibile per lei rompere quello che c’è tra loro due, arrivando a sentirsi nello scorrere dei mesi sempre più un ingombro.

la triangolazione come critica ideologica

Anderlini D’onofrio, in un suo saggio di qualche anno fa, parlava di come il triangolo uomo-donna-uomo possa essere utilizzato talvolta anche come gioco bisessuale. Un elemento che ci porta a esplorare “strategie collaborative del prevalere”, permettendo di coinvolgere vari tipi di pubblico: quello queer e quello eterosessuale. È questo il caso di Passages, dove la fluidità di Thomas, rimane integra e veritiera fino alla fine. La sua bisessualità o meglio liquidità, non risulta pesante né forzata. Agathe non si introduce mai realmente nella coppia, né viene utilizzata come elemento d’aiuto per poterci introdurre la coppia omosessuale, se non in una prima istanza.

Ad essere accusata qui, non è solo un’ideologia etero-normata ormai stantia, ma anche la stessa monogamia, struttura fondante della politica etero-patriacale (la “Legge del padre” di Levi-Strauss).

Inoltre, rispetto ad altre pellicole sul tema, in questo caso Ira si sofferma anche ad analizzare tutte le possibili risposte ed emozioni che i vari protagonistə provano durante questo lungo e estenuante uragano emotivo guidato da Thomas. Siamo davanti, non solo all’egoismo umano, ma anche alla conferma evidente di una forma precaria della società quotidiana. Ci troviamo a confrontarci con la tossicità delle relazioni, sulla nostra crudeltà, sulla nostra gelosia e chiaramente sul nostro fallimento (Halberstam, “Gaga Feminism. Sesso, genere e la fine della norma”, Asterisco Edizioni, 2021)

“Spesso l’esperienza dell’abbandono, quando tocca gli angoli più remoti della nostra storia, si associa a un’impressione di congelamento, e non ci sono maglie e coperte sufficienti a restituirci un po’ del nostro consueto calore. Nel tempo del gelo, anche gli orsi per consolarsi imparano a cantare canzoni sentimentali, come gli uomini quando sono tristi.” (Lea Melandri, “Come nasce il sogno d’amore”, 1988)

E nulla di più vero poteva portare Ira a chiudere la pellicola con la follia dell’ansia dell’abbandono e della solitudine che proviamo tuttə noi insieme a Thomas, in una corsa nevrotica e ininterrotta tra le vie parigine, verso un appartenersi di coppia inesistente, infondato e irreale.

In definitiva?

Tutto in questa pellicola dimostra come la queerness possa arrivare al grande pubblico senza doversi annientare.

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