Demon Copperhead

Letteratura

Demon Copperhead: tutto il mondo è provincia

Nel suo romanzo, vincitore del premio Pulitzer, Barbara Kingsolver traduce l’epica del quotidiano

A cura di

Nicolò Guelfi

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Nicolò Guelfi


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“Prima di tutto, sono nato. C’era una discreta folla ad assistere all’evento e, come sempre, è tutto quello che ha fatto: il grosso del lavoro è toccato a me, dato che mia madre era, per così dire, fuori combattimento”

Incipit di Demon Copperhead.

Si dice spesso che la trama è importante in un’opera di finzione. La scelta dell’ambientazione, la scrittura dei personaggi, i colpi di scena, le digressioni. Si dice anche che la brevità è un pregio: arrivare al punto serve a tenere il lettore agganciato. Si dice pure che l’originalità sia la parola chiave. Ci sono insomma diverse regole nella stesura del testo perfetto. Barbara Kingsolver le ignora tutte.

Demon Copperhead, l’ultima fatica della scrittrice statunitense classe 1952, è un testo assolutamente fantastico nel suo essere assolutamente “ordinario”. La storia, così come il titolo, sono un chiaro riferimento al David Copperfield di Charles Dickens, l’ambientazione può essere rubata tanto a uno Stand By Me di Stephen King quanto a un Tom Sawyer di Mark Twain. I personaggi, a partire dal protagonista, sono tipi visti e rivisti. La lunghezza, per gli standard di un lettore medio, è sproporzionata: 652 pagine. La sua forza, come ha affermato anche lo stesso King (che ne sa abbastanza), è proprio lo storytelling.

Sì, quella cosa che in politica ha rovinato il discorso pubblico, in letteratura basta da sola a tenere su la casa di un ottimo romanzo. Demon Copperhead è un libro bellissimo perché riesce davvero nella capacità di fare immedesimare il lettore all’interno di uno scenario, di proiettarlo in un contesto con una vividezza immaginifica che è propria solo di questo medium. La traduzione italiana, opera di Laura Prandino ed edita da Neri Pozza (22 euro), non sacrifica quasi niente del ritmo e del tono delle parole, che rimangono intrise di slang e ironia, in grado di far digerire anche le cose più amare.

Sì, perché la storia, nel suo non essere originale, è comunque straordinariamente toccante: Demon è un rip-off di David Copperfield ma ambientato in Virginia, all’ombra dei monti Appalachi, tra gli anni ’90 e i primi del Duemila. Un ragazzo orfano di padre, nato nel posto sbagliato con una madre tossicodipendente e che, per non farsi mancare nulla, fa anche le scelte sbagliate.

Il libro racconta cose come la perdita prematura dell’età dell’innocenza, la durezza della povertà, l’affido di minori, una fame ricorrente e quasi atavica, la piaga sociale del Fentanyl e dell’Ossicodone negli Stati Uniti, l’astio del vivere in provincia perché, al di là di quale essa sia, rimane sempre “il buco del culo del mondo”.

Esquire lo aveva definito “il perfetto regalo last minute per Natale”. In realtà la tesi è vera perché sono tanti i lettori che possono innamorarsene, specie quelli difficili, quelli incostanti, quelli che vorrebbero ma non riescono a portare in fondo i libri che iniziano. Demon Copperhead ti porta in fondo alla sua storia perché la morale è semplice: scherzando si può dire tutto, anche la verità.

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