Musica

Andrea Scanzi, i CCCP e il senso del punk

Dopo i fischi sul palco a Berlino il giornalista ha cercato di autoincensarsi, ma le cose stanno diversamente

A cura di

Lorenzo Marsicola

Immagini di

Maria Vittoria Azzaro


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Rock and riot, quando il pubblico “si incazza” davvero. Sabato 24 febbraio, a Berlino, all’Astra Kulturhaus, è andato in scena il primo atto del nuovo tour dei CCCP. Tre le date berlinesi per la storica band emiliana, riunitasi quest’anno in occasione dei quarant’anni di CCCP-Fedeli alla linea. Negli scorsi mesi la band aveva celebrato la propria storia con il Gran Galà Punkettone al Teatro Valli di Reggio Emilia, la mostra Felicitazioni! CCCP – Fedeli alla linea 1984-2024, sempre nella città emiliana, e il disco Altro che nuovo nuovo, registrazione live del loro primo concerto (quando il gruppo era composto solamente da Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni).

La line-up è quella storica, con Ferretti, Zamboni, Fatur e Giudici. I biglietti sono andati immediatamente a ruba, tant’è che le tre serate hanno registrato il tutto esaurito. Come raccontatoci dai presenti, il clima era carico di emozione, per uno dei ritorni più attesi per gli appassionati del punk, ma non solo. Come sempre accade in queste occasioni, le aspettative erano altissime, non solo per la parte musicale, ma anche per tutto il contorno dello show. I concerti dei CCCP sono sempre stati caratterizzati dall’attenzione alla parte visuale, con performance di personaggi bizzarri, proiezioni metaforiche, e messaggi politici non troppo velati.

Sarà per questo, sarà per la volontà di sentire musica e non chiacchere, ma nella data di sabato è accaduto qualcosa di imprevisto. Dopo alcune proiezioni e un paio di pezzi suonati live, sul palco è salito il giornalista del Fatto Quotidiano Andrea Scanzi. Il pubblico, a maggioranza italiana, lo ha immediatamente riconosciuto e, nel giro di pochi attimi, in molti hanno cominciato a fischiare, o addirittura a urlare, inveendo contro di lui.

Scanzi, da programma, avrebbe dovuto recitare un monologo sulla storia dei CCCP. Ma come ci è stato confermato, dopo un iniziale tentativo di prendere la parola, il giornalista ha dovuto abbandonare il palco, sommerso dai fischi e dagli insulti. Immediatamente ha preso la parola Lindo Ferretti, che ha mostrato entrambi i medi al pubblico e ha poi incalzato le prime file:

“Quanta voglia di purezza in questi sguardi, quanta voglia di poter odiare qualcuno perché ti sta sui coglioni, e lui sta qua, perché vi sta sui coglioni, perché non abbiamo mai voluto che tutti la pensassero come noi, perché portiamo il disordine e non l’ordine, non quello che volete voi, non sono come tu mi vuoi”.

Tralasciando le motivazioni politiche dei fischi, è indubbio che l’atmosfera abbia veramente riportato alla mente dei presenti la vera natura del punk: la contestazione. Lo stesso giornalista del Fatto Quotidiano ci ha tenuto a ribadirlo attraverso la propria pagina Instagram: “Una bella selva di fischi, è stato meraviglioso. Mi sono sentito punk come nessuno, sono stato fischiato come i CCCP quando andavano ad Arezzo Wave”.

Ma, con buona pace del dottor Scanzi, la contestazione avvenuta sabato sera è ben lontana dai fasti di una volta. In particolare, da quello che, probabilmente, è l’episodio di protesta nel corso di un evento musicale più grave e memorabile che sia mai avvenuto in Italia: il fattaccio del Vigorelli di Milano, nel 1971, in occasione del concerto dei Led Zeppelin.

Molte storie girano su quell’avvenimento, che è un mix di scontri politici, rivalità tra artisti nazionalpopolari e musica estera, lotte di classe, movimenti giovanili, anni di piombo, evoluzioni culturali, polizia e gruppi extra parlamentari; ma prima di addentrarci in argomento è necessario ripercorrere i fatti: è il 5 luglio 1971 e al Velodromo Vigorelli di Milano è in programma il concerto dei Led Zeppelin. La leggendaria band inglese, agli inizi della sua carriera, ma già nell’olimpo della musica rock, deve esibirsi per la prima volta nel nostro Paese. Il concerto è ovviamente sold-out, e il pubblico è composto al 99% da ragazzi e ragazze molto giovani, come di norma in un’epoca in cui la spaccatura generazionale generata dalla musica è molto più evidente di adesso. I Led Zeppelin suonano la sera, prima è in programma il Cantagiro che ospita Morandi, Dalla, Milva, Ricchi e Poveri.

Gli artisti nostrani provano a spiegare agli organizzatori che non è la migliore delle idee, vista l’estrema politicizzazione della musica in quegli anni, ma le loro proteste rimangono inascoltate. Arriva il momento fatidico della salita sul palco del primo dei cantanti, Morandi. Il pubblico insorge e comincia a tirare di tutto sul palco: tutti vogliono i Led Zeppelin e molti artisti rinunciano a salire sul palco. Secondo le testimonianze dei presenti, solo i New Trolls, band prog italiana, vengono accolti positivamente. Nel frattempo, sul prato molti gruppi di agitatori cominciano anche ad accendere fuochi.

Finalmente, arriva il momento della band inglese. Il pubblico è in visibilio e si accalca sotto al palco. la situazione è già ampiamente fuori controllo e la polizia, terrorizzata, inizia a lanciare fumogeni e a scontrarsi con le prime file. Nel caos più totale, i Led Zeppelin suonano per ventisei minuti esatti, prima di abbandonare il palco: “I più grandi ventisei minuti della mia vita” secondo mio padre, che era lì quel giorno, ma non solo.

Il fumo dei lacrimogeni però è sempre più denso, La polizia, nel frattempo, randella un po’ tutti quelli che capitano a tiro, perché oltre al pubblico “normale” ci sono agitatori, attivisti politici, autoriduttori (convinto che la musica dovesse essere gratuita e per questo imbucati alla serata), semplici portoghesi. Il fuggi-fuggi generale crea scompiglio, feriti, danni ingenti alla struttura, guerriglia per le strade, ma fortunatamente (e quasi inspiegabilmente) nessun morto.

Alla luce di tutto questo, l’episodio avvenuto sabato scorso è niente a confronto, nel bene e nel male, di quanto accadeva molti anni fa, prima ancora che CCCP esistessero. Nel bene, perché in quel 5 luglio 1971 si è sfiorata la tragedia. Nel male perché (e qua entriamo nel campo delle opinioni) in quello che è successo sabato a Berlino, anche a detta di alcuni dei presenti che abbiamo contattato, non c’è stato niente di rock o di punk. Sarà un’opinione personale, ma non c’è stato niente di ribelle nell’intervento di Scanzi. I fischi erano prevedibili e forse anche previsti, certamente giusti. Quella di sabato è stata, più che altro, una nota stonata.

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