Don Nilo Conti

Cinema

Il Vangelo secondo Don Nilo Conti

Il documentario realizzato da Gianni Beretta e Ariele Savini, ricordando la vita di un prete, rievoca la storia di un intero paese

A cura di

Nicolò Guelfi

Immagini di

Teatro di Anghiari


☝🏻 Condividi se ti è piaciuto!

Spesso la grande Storia può essere raccontata attraverso piccole vite. Altre volte, piccole vite possono cambiare la Storia, almeno per quanto riguarda un piccolo Comune. Don Nilo Conti, storico proposto di Anghiari, in provincia di Arezzo, ne è un esempio. La sua vicenda umana, raccontata nel documentario biografico “Don Nilo d’Anghiari”, simboleggia proprio questo: come un uomo solo, con l’ausilio della propria intelligenza, perseveranza e fede, riesca a cambiare il corso degli eventi.

La figura di Don Nilo

Nato all’inizio del secolo scorso, Nilo Conti, dopo la formazione in seminario, diventa prete nel 1933, all’età di 25 anni. Nel ’35 viene nominato proposto di Anghiari, nel cuore della Valtiberina, ruolo che ricoprirà per il resto della vita. È spettatore e cronista degli eventi più terribili della dittatura fascista e della Seconda Guerra Mondiale. A lui si deve il salvataggio di numerose famiglie ebree dopo l’emanazione delle leggi razziali nel 1938, ma anche il censimento di tutte le persone, spesso di origine slava, internate e uccise nel campo di internamento di Renicci, presso la frazione Motina di Anghiari. I prigionieri ricevevano l’estrema unzione dal parroco, prima di morire di stenti nell’ospedale di Anghiari.

Don Nilo è anche testimone del passaggio del fronte lungo la linea gotica nel corso del conflitto e della ferita più grande nella storia del Comune: il 18 agosto 1944 una mina esplode nella zona del Giardinetto, provocando quindici morti. Nel cronico parrocchiale, don Nilo lo definisce: “Il giorno più doloroso”.

Foto di Don Nilo Conti

La ricostruzione nel Dopoguerra

Ma a lui si deve anche la ricostruzione del paese dopo il conflitto. Molti dei luoghi, sacri e laici, che lo popolano nascono secondo un suo disegno. La ristrutturazione della chiesa della Propositura, il recupero dell’antica chiesa a pianta bizantina di Santo Stefano, l’apertura di Palazzo Taglieschi (divenuto museo statale) e del vicino museo della Battaglia, senza dimenticare l’inaugurazione dell’Oratorio, sono tutti lasciti, sia materiali che spirituali, del passaggio di don Nilo.

Il documentario, diretto da Gianni Beretta e Ariele Savini e tratto da un’idea di Paolo Alberti, è un lavoro sensibile e originale, realizzato con grande perizia tecnica e lavoro d’archivio, dove la figura del prete prende forma attraverso le parole delle persone che lo hanno conosciuto.

Il protagonista, in effetti, è al contempo presente ed evanescente: si vede il suo volto nei filmati e nelle foto, ma non si sente mai la sua voce, si parla dei suoi lasciti, ma non esistono agli effetti monumenti in sua memoria. Solo una piccola strada periferica porta il suo nome e un piccolo busto di bronzo è stato inaugurato proprio quest’anno. Il ritratto di don Nilo è un mosaico le cui tessere sono i racconti di tutte le persone che lo hanno conosciuto e conservano di lui un ricordo particolare, nonostante sia scomparso nel 1973.

C’è chi ricorda la prima “messa beat”, suonata da un complesso rock negli anni ’60, mentre altri rammentano l’idea dell’Oratorio, trimestrale cittadino legato alla parrocchia, o l’invenzione del carnevale della gioventù con carri e maschere. Ognuno lega le sue parole a un episodio intimo, personale, scrivendo una storia che non necessita di ulteriori narratori. Il documentario, infatti, non possiede quasi voce fuori campo.

La prima del film

Gianni Beretta, regista e giornalista, ha dichiarato in occasione della prima al Teatro di Anghiari il 5 maggio: “Io sono un forestiero che è venuto a vivere ad Anghiari dopo molti anni. Ariele – l’altro autore – è un giovane anghiarese che ha vissuto alcuni anni fuori. Abbiamo pensato che insieme avessimo le qualità necessarie per fare questo film. Il lavoro ha richiesto circa due anni, ma siamo molto felici del risultato. Questo non è un film per i festival, è un film per la comunità di Anghiari”.

L’esperienza della prima proiezione in sala supporta quanto detto. Dopo i saluti del sindaco Alessandro Polcri e dell’attuale proposto, don Alessando Bivignani, con il buio della sala, gli spettatori non potevano fare a meno di riconoscere se stessi, amici e parenti in ogni inquadratura. Don Nilo Conti è protagonista di un romanzo collettivo di cui ognuno è personaggio. Un romanzo manzoniano, perché richiama in causa, a più riprese, la Provvidenza.

“Abbiamo cercato la voce di Don Nilo ovunque, guardato in ogni dove, chiesto a chiunque. All’epoca in un paese piccolo come Anghiari non c’erano tante possibilità di registrare in audio o in video. Inaspettatamente, quando avevamo perso ogni speranza, al termine dei lavori, è saltato fuori il filmato di un matrimonio, una delle prime registrazioni private. Io non sono credente, ma mi piace pensare che don Nilo abbia contribuito a questo film, facendoci ascoltare la sua voce”.

Lascia un commento

Torna in alto