A cura di

Bernardo Maccari

Immagine di

Spinnit


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In occasione della prima edizione dello Spinnit Festival abbiamo intervistato Francesco Proto, che del festival è ideatore, e che tira le fila di quella che lui stesso definisce scherzosamente un’oligarchia illuminata. Francesco con Spinnit ha un rapporto particolare: un po’ lo ha creato, un po’ lo è.

La prima cosa da chiarire è: come, quando, perché è nato Spinnit? Presto detto: “Spinnit è nato alla fine del 2019 esclusivamente come podcast musicale. L’idea iniziale era molto semplice: io e un amico sceglievamo due dischi ciascuno ogni settimana e ne parlavamo. Dischi però non mainstream, niente che trovavi nelle playlist editoriali di Spotify. L’obiettivo era fare divulgazione su musica spesso ignorata dai canali ufficiali, dare voce a quello che stava ai margini.

La pagina Instagram quindi inizialmente era solo un supporto: caricavamo gli episodi lì, nulla di più. Poi, col tempo, il mio amico si è defilato e nel gennaio del 2023 ho iniziato a pubblicare meme. Non volevo far morire il progetto, mi sembrava un peccato. I meme si sono rivelati un canale nuovo per esprimere idee in merito alla musica anche in modo ironico, e hanno rappresentato una svolta: la pagina è esplosa.”

Ma i meme e il successo sui social sono mai stati il fine ultimo. Ovviamente aggiungerei, essendo il progetto nato sotto forma di podcast, e di podcast con un obiettivo specifico: “All’inizio i meme erano molto tematici, sempre molto legati a quello che ascoltavo o a questioni legate all’industria musicale. Poi, col tempo, ho iniziato a metterci dentro qualcosa di me stesso. Non solo musica, ma anche riflessioni ironiche e personali sulla vita quotidiana. Spinnit è quindi diventato una specie di estensione di me. Non una maschera, ma un megafono.”

Al centro restano la passione per la musica, e le relative idee su come questa debba essere prodotta, ascoltata, consumata. Questo crea un dualismo: “da una parte i meme, che sono il canale immediato, virale, istintivo, e i cui temi ormai spaziano; dall’altra, il lavoro specificamente relativo alla musica, con podcast, live session, interviste, l’etichetta. E ora anche il festival.” 

Proprio questo dualismo vuole essere comunicato attraverso il megafono che Spinnit è diventato per Francesco: “La maggior parte delle pagine meme finiscono lì: fanno ridere, intrattengono, ma non c’è nient’altro dietro. Io invece ho sempre avuto un obiettivo più ampio: Spinnit è una piattaforma per portare avanti la mia idea di musica, di comunicazione, di progetto culturale. E a volte il meme mi sta un po’ stretto, perché tanti mi seguono solo per quello. Non sanno che c’è anche una newsletter, un podcast, eventi dal vivo. Però mi va bene: preferisco costruire una base solida e coerente, anche se ci vuole più tempo.”

È importante infatti notare che già con il podcast c’erano stati dei riscontri importanti, ben prima del primo meme. Grazie alle circostanze paradossali del COVID, che avevano bloccato in casa come Francesco anche tutti gli artisti che a lui interessava intervistare: “ Durante la pandemia, con gli artisti fermi, sono riuscito a intervistare gente come Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, che è uno dei miei riferimenti assoluti. Poi altri artisti, anche stranieri. E quando è esplosa la pagina, mi sono reso conto che potevo unire le due cose: l’approccio serio e critico alla musica, e il linguaggio immediato dei social.”

Nonostante ciò, mi chiedo e, di conseguenza, chiedo a Francesco: quando hai capito che, tra podcast e pagina il progetto Spinnit poteva diventare qualcosa di cui fare un lavoro? C’è stato un momento in cui ti sei sentito di star facendo tra virgolette la cosa giusta? In effetti c’è: “A un certo punto sono stato contattato da Ponderosa, che organizza Jazzmi, e sono stato chiamato a intervistare alcuni degli artisti presenti. Per me Jazzmi è un evento stupendo, un po’ la sublimazione di quello in cui io credo in ambito musicale.

Raccoglie artisti che io apprezzo tantissimo, e in questo caso specifico ho avuto l’onore di intervistarli e conoscerli personalmente.” Da quel momento in poi c’è stata una grande presa di consapevolezza: “ho capito che quello che facevo con la pagina, quindi i meme, e quello che avevo sempre fatto, quindi il podcast, potevano combinarsi. E non solo, ma che a questa potenziale combinazione erano interessati soggetti rilevanti nel mondo della musica. In tanti, e intendo musicisti, hanno iniziato a seguirmi, e sono venuti in studio, a Shed626 per gli episodi live del podcast.”

Da tutto questo, inevitabilmente, nasce lo Spinnit Festival: “È il culmine di tutto quello che ho fatto negli ultimi anni. Dopo podcast, eventi, live session, il festival è il modo più diretto per raccontare la mia idea di musica. Volevo dare vita ad un festival compatibile con tutto quello che ho sempre cercato di comunicare, il festival che ci si aspetta io possa organizzare leggendo una newsletter, ascoltando il podcast, o scorrendo un carosello coi meme.  Gli artisti che ho scelto non sono per forza famosi, ma rappresentano bene quello che mi piace: c’è molta musica strumentale, gli artisti sono spesso emergenti o comunque non famosi nel senso tipico del termine.

Non è che io abbia cercato di forzare un’ideologia, ma ho intenzione costruire una proposta credibile, coerente con quella che credo e spero sia l’immagine di Spinnit. Spero che il festival diventi sinonimo di un un certo tipo di approccio, e che negli anni il pubblico scelga di partecipare perché ha abbracciato i valori che ci sono dietro, li condivide e voglia vederli applicati nell’organizzazione di un evento del genere”. 

Spinnit Festival che, ricordiamo, si svolgerà dal 27 al 29 giugno presso il Polo Universitario di Sesto Fiorentino. Non un caso, che si svolga proprio a Sesto, nella periferia di Firenze: “la scelta di fare qua il festival, come quella di aprire qua il locale, Shed626, è ovviamente rischiosa. Questo non la rende meno consapevole: ci piace l’idea di fare qualcosa in un posto in cui non c’è niente di simile. Siamo pronti a scommettere che le persone sono pronte a spostarsi se l’offerta musicale è valida, e io penso che l’offerta musicale sia valida”.

E allora, ci vediamo lì!

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